Imparare ad esercitare l’attenzione, soprattutto focalizzandosi su un processo comunicativo, è un’attività che facilita tutti gli operatori che a vario titolo sono impegnati in attività relazionali (dalla relazione d’aiuto al manager a cui è richiesta la gestione del gruppo lavoro).

È chiaro che spesso non si ha il tempo per fare un’analisi approfondita ed è altrettanto palese che nella vita reale non possiamo riavvolgere il nastro per vedere e rivedere una scena.

Apprendere un metodo di osservazione ed analisi ha come obiettivo quello di rendere pervi i canali comunicativi, aperti alle informazioni e alla lettura contemporanea di dati e suggestioni mantenendone il confine.

A tale scopo ho scelto di proporvi questo lavoro, che spesso svolgo in aula con le persone che scelgono di fare corsi con me. Spero vi sia utile.

Intervista alla mamma di Salvatore Parolisi

Salvatore Parolisi è stato condannato per l’omicidio della moglie Melania Rea; all’epoca dell’intervista alla mamma era carcerato ma in attesa di giudizio.

Per chi non conoscesse la storia:

 

Il breve filmato (tratto da: https://youtu.be/9w21WQBdt-s) si ambienta per la prima parte sulla porta di casa ed in seguito in cucina.

Guardiamolo una volta per intero ed iniziamo a contattare le nostre emozioni. Com’è questa donna? Ci è simpatica? Quali sentimenti suscita in noi?

Dopo aver messo in pratica questo atto di congruenza ed aver contattato la nostra personale parte emotiva posso consapevolmente entrare in un clima di sospensione del giudizio, facendo in modo che ciò che provo non ottenebri la mia attenzione né la distorca.

Proviamo a notare più cose possibili circa la persona ed il suo atteggiamento.
Ci sono cose che in qualche modo ci colpiscono o vogliamo sottolineare?

 

Iniziamo ora  un’analisi più accurata.

Sotto ogni clip è trascritto il testo conservando, per quanto possibile, le forme dialettali e gli eventuali errori.

Confrontate le vostre osservazioni con quelle che leggete.

Primo clip

Testo: Il mio cuore sente che mio figlio è innocente, hanno fatto proprio una cosa… [una pausa, cenno di diniego con il capostorta [pausa – intervistatrice ed intervistata annuiscono all’unisono] 
si vedrà si vedrà.

Uso delle parole

In questo clip mi ha colpito particolarmente “storta“. Una “cosa storta”.

Storto è il participio passato di “storcere, distorcere”; il dizionario Treccani ci suggerisce la definizione figurata “Non corretto, non giusto, quindi sbagliato o deviante” ma innanzi tutto stiamo parlando di qualcosa di non dritto, che devia dal sua corretta linearità. È suggestivo che anche la parola “bieco” derivi dal latino obliquus ‘obliquo’.

La mamma di Salvatore è una signora semplice, abita nel Casertano, aveva un figlio caporalmaggiore nell’esercito, sicuramente una soddisfazione per lei, un orgoglio.

Ed ora qualcuno ha fatto una cosa storta, ha deviato il corso degli eventi.

Ritmo

È interessante l’uso delle pause per trovare la parola, le parole.

osservazione

La signora è sulla porta, sullo sfondo una cucina.
È vestita in modo comodo; potremmo dire “da casa”.
Una mano sul petto, l’altra tiene la scopa che in seguito è trattenuta da entrambe le mani, mi suggerisce che possa fare da ostacolo tra lei e il mondo (l’intervistatrice, le domande). Un po’ di distanza e protezione.

Secondo clip

Testo:

[intervistatrice] – con i genitori di Melania come sono i rapporti?

[mamma di S.] – [distoglie un po’ lo sguardo] Eh noi andiamo a prendere la bambina, cioè mia figlia va… lei [alza lievemente il tono della voce] La prende la porta, qui e poi… basta [tono sommesso]. Telefoniamo, come state come non state, però… [stesso tono di basta] ognuno per i fatti suoi.

uso delle parole

“La prende la porta”

“Come state come non state”

In entrambe le frasi l’uso di “contrari”: prendere-portare, stare-non stare.

Suggestivo. Quasi il suo linguaggio calcasse la valenza ambivalente del vivere un figlio che si ama ma che è causa (anche ammesso che lei creda all’innocenza di S.) di uno stravolgimento della sua esistenza.

Ritmo

Un uso delle pause che torna e sottolinea il racconto nella sua fase narrativa e la parte in cui avviene il contatto con il suo sentire profondo “e poi… basta“, “però… ognuno per i fatti suoi“.

suggestioni

Immaginando una famiglia del sud dove ancora i legami parentali sono sottolineati da rituali sociali forti, il pranzo domenicale, le feste, ecc. il racconto della mamma di S. suona malinconico tra questo oggi fatto di telefonate pressoché formali e un probabile ieri dove i vissuti erano differenti, probabilmente più fitti e caldi.

La rete famigliare che si sfalda in cui la figlia della signora diventa unico allaccio propositivo rivolto al mantenimento dei rapporti quanto meno con la piccola.

Terzo clip

Testo:

[intervistatrice] – perciò con voi sono rimasti cortesi i rapporti

[mamma di S.] – [guarda altrove] Si sì. Eh, noi non ci abbiamo fatto niente [guarda intervistatrice]. Ehhhh. Anzi a noi ci dispiace per Melania [sguardo altrove], perché Melania non si meritava tutto questo [diniego col capo, come al primo clip, alla frase “hanno fatto proprio una cosa storta”]. [alza le spalle] Però purtroppo è capitato. Non so.

uso delle parole

Il verbo meritare, “non si meritava tutto questo”  legato a “però purtroppo è capitato”.

Colpisce che si utilizzi “è capitato”; normalmente usato per la descrizione di accadimenti casuali, determinati da eventi nel quale non c’è un colpevole, che coinvolgono il fato.

Non lo meritava, ma è capitato.

Sottende un “non ci si può far nulla”, ad impossibilia nemo tenetur; non c’è colpa.

Chiude con “non so”.

suggestioni

È troppo pensare che un figlio si sia macchiato di un simile delitto?

Crede alla sua innocenza e quindi è sopraffatta da questo accadimento e lo attribuisce di conseguenza ad un destino avverso.

Di fatto questo breve clip che apre con “non abbiamo fatto niente” e chiude con “non so” contiene elementi di bilancio; è ingiusto ciò che colpisce la nostra famiglia, ciò che ha ucciso Melania,  ma è impersonale, privo di ricerca di un colpevole.

Ci si aspetta “mi auguro trovino al più presto quel mostro” piuttosto che “è capitato”, ma si sa la mente umana è ricca di mille percorsi che non sono così chiari.

Credo sia importante cogliere gli aspetti, sospendere il giudizio ma osservare, con attenzione.

Quarto clip

Testo:

[intervistatrice] – Ma voi provate a parlare della questione anche con i genitori di Sal di Melania? [mentre l’intervistatrice parla la mamma di S.  scuote il capo in segno di diniego] – gli avete detto guardate noi pensiamo che Salvatore sia innocente questo gliel’avete…

[mamma di S.] – ma anche loro pure u diciono che è innocente però [il tono cambia] mettono sempre la parola in dubbio… ehhhh…

[intervistatrice] – cioè a lei gli hanno…

[mamma di S.] – loro u diciono, diciono si noi non pensiamo che Salvatore però mettono sempre la parola in dubbio; ma si vedrà ma si vedrà [solleva le spalle, distoglie lo sguardo]. La verità prima o poi esce fuori ehhh.

tono e ritmo

Più che le parole in sé, in questo clip colpiscono i ritmi e i toni che si fanno differenti dai precedenti.

Il ritmo è lievemente più rapido ed il tono lascia trasparire un che di seccato, di infastidito.

osservazione

Le dita si muovono sul manico della copia, quasi un tamburellare e spesso un’alzata di spalle accompagna il discorso.

suggestioni

I genitori di Melania dicono che Salvatore è innocente ma forse non ci credono fino in fondo, questa è l’impressione che mi arriva del vissuto della mamma di S. Forse lei stessa attanagliata dal dubbio avrebbe voluto essere confortata e compresa da chi comunque lo ha vissuto come genero e come padre.

Se mi pongo la “domanda dell’empatia” cosa farei io al suo posto? che emozioni sentirei? contatto un importante vortice emotivo che mi dilania, l’amore incondizionato verso un figlio, il senso di responsabilità rispetto ad un avvenimento di questa portata, la paura che proprio colui che ho nutrito, accudito, messo a nanna sia un omicida, un uxoricida. Penso a quanto potrebbe essere più semplice (passatemi il termine) credergli e basta, incondizionatamente, cavalcando la teoria ingenua che lui non lo avrebbe potuto fare.

Quinto clip

Testo:

[intervistatrice] – È andata a trovarlo Salvatore in carcere?

[mamma di S.] – Chi?

[intervistatrice] – Lei

[mamma di S.] – Io? Si si

[intervistatrice] – Si… Quando?

[mamma di S.] –[distoglie lo sguardo]  Eh la prima volta che andò a Teramo poi un’altra volta è andato solo mio marito perché non si poteva entrare [colpo di scopa] quattro, deve entrare tre e allora [tono sommesso]

[intervistatrice] – E che effetto le ha fatto quando lo ha visto?

[mamma di S.] – Eh piangeva… Piangevamo tutti. [muove le spalle, appena]. Dice solamente pensate a voi, non pensate a me, io sto bene, non vi preoccupate, [le mani si muovono sul manico della scopa] prima o poi [la voce si strozza un po’]. Eh chesto dice. [muove nuovamente un po’ le spalle].

scambi

Quello che salta subito all’occhio in questo clip è legato alla diversa modalità di scambio tra le due donne. L’intervistatrice ha finora sempre sapientemente fatto fluire senza troppo intervenire modulando l’andamento ma non pressando; la domanda relativa alle visite in carcere non è bene compresa; ed è la prima volta. La mamma di S. ha sempre capito cosa le veniva richiesto. In questo caso chiede e poi risponde “si si” e riapre solo in seguito alla domanda “quando?”.

Il racconto della visita ruota solo intorno a Salvatore, che ha frasi rassicuranti e consolatorie per i genitori.

suggestioni

Andare in carcere è quanto di più lontano si possa pensare rispetto alla visita da fare ad un figlio. Inoltre tutti sanno, ormai il caso di S. è in mano ai media. Il paese è piccolo. L’emozione “vergogna”, “imbarazzo” mi arriva come presente nel racconto della madre di S.

Il secondo bisogno è far emergere l’umanità di S. Un figlio che si preoccupa per i genitori nonostante sia in carcere.

Sesto clip

[intervistatrice] – E di Ludovica, di questa relazione…

[mamma di S.] – Aaaaah [gira lo sguardo altrove] quale relazione [gesto con la mano; l’asse del corpo si allinea con lo sguardo] con Ludovica [gesto della mano]. Non ce ne interessa proprio di chilla [muove sempre la mano in quel gesto a buttar via, a scacciare] n’amm a parlà proprio che noi conoscimm a Melania non conoscimm a Ludovica, quindi… [prende a spazzare]

le parole per dirlo

Nel momento in cui contatta la sua parte emotiva più profonda (in questo caso è visibilmente seccata) la mamma di S. accede al suo sistema linguistico quotidiano e parla con formule dialettali più marcate.

suggestioni

La scopa serve a buttare via, a spazzare appunto. E il gesto della mano scaccia quella mosca che ronza all’orecchio parole sgradite. Il soggetto dell’esprimersi è un “noi”. Noi non la conosciamo, conosciamo Melania, non Ludovica.

La ritmica si infervora, si colora di fastidio e di ira e diventa una chiosa dimessa con il “quindi” che assume il tono dei “basta”, “ognuno per i fatti suoi”, “non so” dei clip precedenti.

Anche questa vergogna, sulle altre non ci sta. Non ne dobbiamo proprio parlare. Buttiamola fuori.

Settimo clip

[intervistatrice] – E Vittoria come sta?

[mamma di S.] – Bene. Molto bene. [sposta un po’ la scopa] è una bambina meravigliosa, come la mamma [annuisce]

[intervistatrice] – Quando viene qui cosa fa?

[mamma di S.] – Eh gioca, con  giocattoli, con i piccolini che ci sono. Eh  si si. [sorride] È contentissima quando viene.

[intervistatrice] – Ma chiede della mamma con voi?

[mamma di S.] – Si si si si. La mamma è la prima cosa. Chiede sempre “mamma mamma”. Sta con la zia, la chiama mamma. Dice mia figlia dice, io sono la zia non sono la mamma. Lei dice sempre mamma mamma. Bambina.

uso delle parole

La parola “mamma” è usata dalla signora 8 volte, di cui 7 nell’ultima interazione.

tono e ritmo

Il ritmo è più vivace, le parole sono pronunciate con un tono un po’ più squillante.

osservazione

La scopa può spostarsi un po’ a lato. Parlare della nipote non costituisce ostacolo ma ponte. Il volto è più disteso e sorridente.

suggestioni

La bimba qui sta bene, gioca. Non è un ambiente ostile ma emerge comunque l’abitudine a chiamare mamma, il bisogno di una figura di riferimento che in questo caso è ricoperta dalla zia che è lì a fare le cose che avrebbe fatto con sua mamma. Il tentativo della madre di S. di far risaltare la figura di Melania (la bambina è meravigliosa quanto lei) cozza con il bisogno forte della piccola che la chiama rivolgendosi a chi in quel momento sta con lei; il racconto ci suggerisce di quanto la signora non noti questa incongruenza.

Ottavo Clip

[mamma di S.] – Nonna – a cussì -. Nonna stai zitta sto parlando con papà. [Espressione del viso: stupore]. Una creatura che fa due anni [due con le dita, per sottolineare la giovane età]. Rimanetti a bocca aperta [si mette le mani sui fianchi]. Nonna stai zitta sto parlando con papà. Gesù fai uscire papà. Papà quando vieni papà quando torni. Papà ti voglio bene. Fa.

osservazione

La scena cambia. Interno, cucina.

Un uomo è appoggiato al mobile della cucina, presumibilmente il marito della signora. Non parla, ascolta.

Torso nudo, braccia incrociate, mano a tenersi al gola.

La signora non ha più la scopa, è maggiormemte a suo agio e si muove più liberamente nell’ambiente.

uso delle parole

La parola papà è usata 6 volte.

suggestioni

È struggente lo iato tra l’intenzione ed il percepibile. La mamma di S. ci dice quanto alla piccola manchi il suo papà facendo balzare alla nostra attenzione quanta spinta stia dietro alla telefonata al padre, alla preghiera a Gesù, considerando appunto che stiamo parlando di una bimba di due anni.

 

concludendo

L’attenzione si affina ed è strumento essenziale affinché si riesca a produrre una comunicazione efficace. Le abilità di feedback che basano la riformulazione sul cogliere contenuto ed emozioni della narrazione dell’altro non possono prescindere dalla capacità di saper cogliere le sfumature.

Allenarsi a farlo permette lo scatto dalla metallica riformulazione alla risposta sentita, empatica ed efficace che ha come obiettivo l’esplorazione migliore della propria storia in un clima di sospensione di giudizio con un approccio veramente centrato sulla persona, vista per quello che è e non per l’impressione fugace che può passare ad un distratto ascoltatore.

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