Ancora una volta mi trovo ad osservare come spesso la comunicazione non sia oggetto dell’attenzione di cui avrebbe bisogno. Da un po’ di giorni gira sul Web un video dal titolo: osservare la disabilità con gli occhi dei bambini.
Il concetto proposto è senza dubbio condivisibile e tratta della spinta a cercare guardare gli altri senza pregiudizi, come bambini appunto, in qualche modo non filtrati da preconcetti.
Il filmato ci mostra coppie composte da genitore e figlio che sono invitate ad imitare le smorfie che alcuni attori propongono in un video; ad un certo punto le smorfie sono fatte da una ragazzina disabile. Mentre i bambini imitano anche quest’ultima, i genitori non lo fanno e mostrano segni di disagio.

Le reazioni a questo video si possono dividere in due macro categorie:

Perché secondo me esiste un difetto di comunicazione?

Io credo che un video di tale portata emotiva debba essere veicolato da un’adeguata premessa.
Se lo sgomento dei genitori, loro naturale risposta emotiva, fosse stata supportata,  il messaggioa mio parere sarebbe stato migliore.

Immaginate se qualcuno si fosse degnato (magari è successo e io non l’ho letto, mi scuso in anticipo per l’ignoranza se questo è accaduto) di dire ad esempio: “Lo sguardo dei bambini e degli adulti si differenzia di fronte alla disabilità; i piccoli non la notano o comunque è per loro marginale, per l’adulto è un macigno che va gestito. Dovremmo imparare ad avere il cuore di fanciulli e la consapevolezza di adulti”.

Quello che viene proposto ci pone per forza di fronte ad una scelta di valori, magari inconscia:
dobbiamo essere leggeri e andare oltre a ciò che vediamo trattando la piccola come se nulla fosse, imitando le sue smorfie esattamente come avremmo fatto con un attore oppure dobbiamo essere coscienti del problema e differenziare la nostra relazione con lei.

E  allora?

La visione “valoriale” di Carl Rogers è la risposta che più mi fa stare comoda in questa scelta ed in altre. Propongo qui un sunto di alcune pagine del testo “Da Persona A Persona” (pagg 18-35).

All’inizio della vita l’essere umano ha un approccio chiaro ai valori, preferisce le esperienze che migliorano e favoriscono il suo organismo e rifiuta ciò che non serve a questo.

La fame è valutata negativamente. E spesso questa valutazione da parte del bambino arriva forte e chiara.
Il cibo è valutato positivamente. Quando però il bambino è soddisfatto, il cibo è valutato negativamente…

C. Rogers, Da Persona A Persona, Astrolabio

Il processo di valutazione del bambino si può chiamare “organismico“, ciascun elemento, ciascun momento vissuto, viene selezionato o rifiutato a seconda che quel momento tenda o no ad essere funzionale all’organismo stesso. La fonte, per dirla come Rogers, il locus di valutazione è chiaramente all’interno; il bambino sa cosa gli piace e cosa non gli piace e l’origine della scelta dei valori sta dentro di lui. Egli è il centro del processo di valutazione e la prova delle sue scelte gli è data dai propri sensi.

Ad un certo punto, durante la crescita, processo di valutazione cambia. Tirare i capelli alla sorellina e sentire i suoi impianti e le sue proteste potrebbe anche essere gratificante ma qualcuno gli dice che questa non è una cosa bella da fare, se continua verrà punito, se fa queste cose è proprio un bambino cattivo.
Adesso mentre tira i capelli alla sorellina si ripete anche “cattivo cattivo”, tentando di introiettare un valore che gli viene dall’esterno. Il “locus di valutazione” si sposta esternamente, cerca di assumere valori dettati da altri per averne amore, in qualche modo per rispondere ad un’immagine sociale.

Rogers ci fa riflettere sull’esempio di un ragazzo che si sente più amato ed accettato dai componenti della sua famiglia se diventerà medico, egli potrebbe giungere a voler essere medico sopra ogni cosa, o almeno a credere di volerlo. Poi all’università viene ripetutamente bocciato ad un esame e, con l’aiuto di sedute di counseling, si rende conto di quanto abbia perso contatto con il proprio processo di valutazione e con le proprie sensazioni organismiche.

…nel tentativo di ottenere o mantenere amore, approvazione, stima, la persona abbandona il locus di valutazione che aveva nell’infanzia e lo ripone negli altri. Impara a nutrire una fondamentale sfiducia nella propria esperienza quale guida del comportamento. Imparare dagli altri un gran numero di valori concepiti e li adotta come propri, benché essi possano essere in netto contrasto con ciò che spedisce. Dato che non sono basati sulla propria valutazione, questi concetti tendono ad essere fissi e rigidi, piuttosto che fluidi e mutevoli.

C. Rogers, Da Persona A Persona, Astrolabio

L’adulto medio, ci dice Rogers, ha un approccio ai valori che ha le seguenti caratteristiche:

Il processo valoriale di una persona matura è simile a quello del bambino piccolo ma anche molto diverso. Fluido, flessibile, basato sul momento particolare. I valori non sono rigidamente difesi ma aperti ad un ragionato cambiamento. Siamo di fronte ad un locus di valutazione nuovamente interno, la sua esperienza fornisce alla persona informazioni o retroazione sui valori.
Il momento non ha solo un immediato impatto sensoriale (come era nel bambino piccolo) ma un significato derivante da esperienze simili nel passato e contiene ipotesi in merito alle conseguenze future.

In questo adulto maturo il criterio del processo di valutazione è la misura in cui l’oggetto dell’esperienza attualizza l’individuo stesso. Lo rende più ricco, più completo, una persona più pienamente sviluppata? Questo può sembrare un criterio egoista o asociale, ma non si dimostra tale, dato che i rapporti profondi e di reciproco aiuto con gli altri sono vissuti come attualizzanti.

Come il bambino piccolo, anche l’adulto psicologicamente maturo ha fiducia e utilizza la saggezza del proprio organismo, ma con la differenza che è in grado di farlo consapevolmente.

C. Rogers, Da Persona A Persona, Astrolabio

Arrivati fino a qui (stremati?!) ci possiamo chiedere quale sia il valore, del tutto personale, che attribuiamo a questo video.

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