A Marco piacciono i fiori. Quelli gialli più di tutti. Non è attratto dal profumo e forse neppure dalla forma; però quel colore del sole, del limone, della maglietta di Leonardo, di Pikachu… quello lo fa sballare!

E adesso davanti a lui ce ne sono davvero tanti! Il verde quasi non si vede, sbuca timidamente tra le corolle ma forse si vergogna a farsi notare in mezzo a quello splendore.

Muffin invece non è affatto intimidito, anzi ha pensato che può coricarsi in mezzo a tutto quell’oro e toelettarsi per bene, usando a modo le zampe dietro le orecchie. I suoi occhi attenti sembrano essere comunque allerta nonostante la tranquilla attività e ogni tanto si sente un ron-ron soddisfatto.

Chissà a cosa pensa? Si chiede Marco che continua fare in modo che il suo sguardo scansioni l’infinito campo di tulipani disposti a filari ordinati, divisi da solchi di terra di un marrone caldo.

Poco lontano da Muffin, quasi al limite della visita di Marco, qualcosa di giallo, ancora giallo, posato sul terreno.

L’uomo si alza, si passa una mano sulla barba un po’ più lunga di quanto di solito si usi portare e con l’altra si fa visiera a schermare la luce del sole; strizza un po’ gli occhi… una banana! Gialla!

Un frutto abbandonato lì, in perfetto accordo cromatico ma assolutamente dissonante in merito all’ordine e alla pulizia percepibili.

Marco inforca la bici, una vecchia amica cigolante e fidata e percorre il sentiero che affianca il campo; fino là, alla banana gialla. La guarda con attenzione, lei lo sfida con quell’impertinente armonia cromatica.

Muffin si stira e se ne va, perdendosi tra i fiori con quel dondolio tipico del gatto.

Urla Marco, ridendo all’idea di cosa mai potrebbe pensare sua moglie se lo sentisse apostrofare un frutto abbandonato sul terreno.

La banana se ne sta muta ad indicare un punto, come fosse una freccia; suggerisce  – guarda là – con un morbido e noncurante linguaggio del corpo, un languido corpo di banana.

Si può parlare del corpo di una banana? Si chiede Marco, seguendo obbediente il consiglio e notando una scala a pioli, poggiata sulla facciata immacolata di un edificio, forse un fienile.

Qualche pedalata e il dottor Bianchi raggiunge lo spiazzo antistante la candida costruzione; intorno non c’è anima viva.

Scende dalla bici, si avvicina alla scala e sale fino al piano aperto che rivela, ammassati, attrezzi e sacchi di semenza.

Lo sguardo indaga e si poggia su una seconda scala che lo invita a salire, fino al rettangolo azzurro che fa capolino in mezzo alla copertura di tegole rosse.

Marco sale, appoggia le braccia e si issa sui coppi, non ha paura di cadere, il tetto è poco inclinato.

Si siede e guarda, cerca di ritrovare la banana.

Tutto è così giallo!

Inforca gli occhiali e la vede, stesa laggiù ad indicare lui, il dottor Marco Bianchi, nome incredibilmente comune, ma così poco adatto a lui, innamorato del giallo.

dadi, in sequenza: fiore, impronte di animale, banana, bicicletta, scala a pioli, occhiali

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